Mentre
sei lì che segui le tribolazioni di Dorothea e sono già pagine e pagine che ti
domandi perché, quale testardaggine quasi patologica l’abbia indotta a sposare
quel musone di Casaubon – e intanto segui i
fili di tutti gli altri personaggi, sopra a tutti il Dr.Lydgate, anche
lui completamente scentrato nella scelta della moglie e che comunque in quanto
medico ti fa pensare a tutti i medici dei romanzi di Cronin, compreso il Dr.Manson
con la faccia di Alberto Lupo – mentre segui Dorothea e le sue riflessioni
dunque, ti imbatti in un dialogo tra sta povera ragazza infilatasi in un
matrimonio e successiva vedovanza con il vecchio (e palloso) erudito, e la
sorella Celia, decisamente più semplice, con meno aspirazioni di conoscenza e
comprensione del mondo, ma dotata di un certo qual buon senso che rende più
lievi le preoccupazioni quotidiane. Discorrendo dei motivi e delle ragioni per
cui una moglie dovrebbe docilmente sottomettersi ai desideri del marito e più
in generale accettare senza troppo cavilllare i suggerimenti maschili, Dorothea
mostra di non volerne sapere di gente che continua a ficcare il naso negli
affari suoi, e Celia cerca di convincerla che qualche consiglio non può fare
male, “because of course men know best about everything, except what
women know better”.
Solo
una frase, lapidaria, perfetta, cristallina (la potenza di quell'"except"!) eppure contiene tutta la scrittura
di George Eliot e mentre la leggo e sorrido, capisco perché Virginia Woolf
abbia definito Middlemarch “one of the few English novels written for grown-up
people”.
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