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mercoledì 20 giugno 2012

ESAMI

L’altroieri era giornata di esami per tutti. Per il figlio grande, alle prese con la prova Invalsi; e per me con l’appello di storia pre-vacanziero. Sono andati così così tutti e due: l’Invalsi di matematica pare fosse un po’ delirante (con il ragazzo Lorenzo che doveva prendere l’autobus per una spiaggia sarda ma la tabella oraria fornita dal signor Invalsi era indecifrabile, tanto che qualcuno ha deciso di farlo andare a piedi, il ragazzo Lorenzo); l’esame di storia – scritto e orale – ha lasciato sul campo un po’ di feriti e contusi.  Quando esco da questi appelli, dal giro delle interrogazioni, sono sempre un po’ perplessa. Ci sono tornate in cui si presentano molti studenti che hanno una bella testa, passione, cura, magari ciccano alcuni dettagli, ma nell’insieme riescono a tenere le fila di un discorso articolato e complesso. Altre volte in cui si ammassano gli indecisi, i confusi, quelli che proprio non sono riusciti a cogliere neanche un briciolo della storia del novecento. Di fronte a questi ragazzi spesso resto perplessa, mi addosso colpe di categoria (gli insegnanti passati presenti e futuri non sono stati capaci), trovo giustificazioni sociologiche (è mancata la trasmissione, il racconto del passato all’interno dei gruppi famigliari), e naturalmente cerco una ragione “storica”: sono decenni ormai che la storia è stata usata, mistificata, ribaltata, manipolata, il risultato sono ragazzi che non hanno nessuna cognizione del passato più recente. Poi mi infurio anche: hanno vent’anni, cazzo, a volte semplicemente non hanno studiato. Eppure, di fronte a certe risposte resto basita: perché lasciano intendere un pozzo senza fondo di idee confuse, di a-conoscenza che è diversa dall’ignoranza, è uno stato che prevede la supposizione di sapere mentre alla prova oggettiva questa presunzione si dimostra falsa, risposte che prefigurano un concetto del passato in cui non vi è alcuna differenza tra il 1945, il 1348 o il 1989 (fine della seconda guerra mondiale, diffusione della peste nera, crollo del muro di berlino – giusto per); il passato è una massa oscura, molliccia, in cui tutto è uguale e non esistono responsabilità – né individuali né collettive - il che porta alla negazione del libero arbitrio, della necessità di essere vigili e partecipi, è tutto un unico schifido blob e noi insegnanti dei gran rompicazzo che pretendiamo dagli studenti la memorizzazione di avvenimenti senza senso.
Però, se alla domanda “cos’è la strage di Portella della Ginestra?”, la risposta è: “è quando viene ucciso il commisario Calabresi”, ecco, di fronte a questo scardinamento del reale, io mi sento impotente.

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