pareva un fotogramma di un film francese
o uno degli ultimi matrimoni repubblicani di madrid - repubblicana rossa antifascista
una festa al portico d'ottavia prima che li tradissero,
era lei spavalda che sputava addosso a un uomo meschino in camicia nera
era lui appena tornato dalle guerre del regime, le prime, l'impero, l'africa,
era lei sola sotto i cieli carichi di bombe nell'agosto del '43
erano loro non ancora toccati da tutto quel futuro
Pagine
lunedì 25 giugno 2012
giovedì 21 giugno 2012
FACCIALIBRO O STORIA DI UNA DISFATTA
Io
sono una abbastanza categorica – però mi lascio quasi sempre un margine, anche
piccolissimo, per salvarmi la faccia e giustificarmi davanti a me stessa e ai
miei diciamo così cedimenti. Quindi, dopo aver detto no per qualche anno al
cellulare, ho ceduto quando mi sono resa conto che a) non esistevano più
telefoni pubblici funzionanti; b) non avendo un ufficio mio, era fondamentale
che io fossi rintracciabile in caso di febbre virus otite e altri disastri
negli anni del nido/scuola materna dei due pargoli.
Facebook
altrimenti detto il faccialibro l’ho respinto con sdegno per un sacco di tempo.
Ma proprio con un piglio antipatico. Ci ho fatto sopra delle pontificazioni di
tutto rispetto per tenerlo lontano da me, vade retro socialità virtuale! orrore
l’idea di ritrovare ex fidanzati imbolsiti! ma chi li vuole rivedere i compagni
di scuola che son trent’anni che non ci parliamo e sto bene così! ecc.ecc.ecc.
Poi
sono arrivate le prime cannonate: “ma non vorrai mica impedire ai figli di
usarlo?!?” (si, vorrei), “ma lo strumento è neutro, dipende dall’uso che se ne
fa, scusa!” (anche la bomba atomica è neutra?), “ma ti perdi quel dibattito
fondamentale sulla scissione in corpuscoli infinitesimali dell’ala
rivoluzionaria dei massimalisti finlandesi nell’ambito della terza internazionale
all’epoca della guerra di spagna, e dai, ci siamo trasferiti tutti su FB!!!” (e
si, me lo perdo senza patemi, quel dibattito lì...).
Poi
è arrivata la mozione degli affetti: amici che ti dicono “è vero, non ci
sentiamo mai, ma se sei su FB una pizzata riusciamo ad organizzarla”; altri che
ti giurano “ma guarda che non è una schiavitù, anzi, girano un sacco di cose
inutili ma anche cose interessanti”; e ancora “ehhh ma se non sei su FB come
fai a mettere un commento a dire mi piace condivido, esisto?”. Ehhhh...
La
verità è che la mia disfatta si chiama curiosità.
La
curiosità mi mangia viva e di fronte a lei non so resistere.
Quindi
mi son detta ok, proviamo. Con tutti i miei paletti mentali e retropensieri e
giustificazionismi del caso.
La
prima sensazione è di essere un’analfabeta – e neanche di ritorno, proprio
analfabeta assoluta; la seconda è di guardare dal buco della serratura –
ha un che di leggermente
voyeuristico, questa cosa di vedere gli amici e gli amici degli amici; la
terza, che mi ha fatto letteralmente alzare le mani dalla tastiera per
prendermi un momento di pausa, è stata l’inquietudine di vedersi sciorinare
sotto gli occhi una lista di “persone che potresti conoscere” e accorgersi che
si, in effetti quelle persone lì le conosci quasi tutte.
La quarta è stata di ammettere la disfatta,
riconoscermi l’onore delle armi, e tentare una controffensiva dignitosa. Cioè
imparare a usare faccialibro senza troppi patemi...
mercoledì 20 giugno 2012
ESAMI
L’altroieri
era giornata di esami per tutti. Per il figlio grande, alle prese con la prova
Invalsi; e per me con l’appello di storia pre-vacanziero. Sono andati così così
tutti e due: l’Invalsi di matematica pare fosse un po’ delirante (con il
ragazzo Lorenzo che doveva prendere l’autobus per una spiaggia sarda ma la
tabella oraria fornita dal signor Invalsi era indecifrabile, tanto che qualcuno
ha deciso di farlo andare a piedi, il ragazzo Lorenzo); l’esame di storia –
scritto e orale – ha lasciato sul campo un po’ di feriti e contusi. Quando esco da questi appelli, dal giro
delle interrogazioni, sono sempre un po’ perplessa. Ci sono tornate in cui si
presentano molti studenti che hanno una bella testa, passione, cura, magari
ciccano alcuni dettagli, ma nell’insieme riescono a tenere le fila di un
discorso articolato e complesso. Altre volte in cui si ammassano gli indecisi,
i confusi, quelli che proprio non sono riusciti a cogliere neanche un briciolo
della storia del novecento. Di fronte a questi ragazzi spesso resto perplessa,
mi addosso colpe di categoria (gli insegnanti passati presenti e futuri non
sono stati capaci), trovo giustificazioni sociologiche (è mancata la
trasmissione, il racconto del passato all’interno dei gruppi famigliari), e
naturalmente cerco una ragione “storica”: sono decenni ormai che la storia è
stata usata, mistificata, ribaltata, manipolata, il risultato sono ragazzi che
non hanno nessuna cognizione del passato più recente. Poi mi infurio anche:
hanno vent’anni, cazzo, a volte semplicemente non hanno studiato. Eppure, di
fronte a certe risposte resto basita: perché lasciano intendere un pozzo senza
fondo di idee confuse, di a-conoscenza che è diversa dall’ignoranza, è uno
stato che prevede la supposizione di sapere mentre alla prova oggettiva questa
presunzione si dimostra falsa, risposte che prefigurano un concetto del passato
in cui non vi è alcuna differenza tra il 1945, il 1348 o il 1989 (fine della
seconda guerra mondiale, diffusione della peste nera, crollo del muro di
berlino – giusto per); il passato è una massa oscura, molliccia, in cui tutto è
uguale e non esistono responsabilità – né individuali né collettive - il che
porta alla negazione del libero arbitrio, della necessità di essere vigili e
partecipi, è tutto un unico schifido blob e noi insegnanti dei gran rompicazzo
che pretendiamo dagli studenti la memorizzazione di avvenimenti senza senso.
Però, se alla domanda “cos’è la strage di Portella
della Ginestra?”, la risposta è: “è quando viene ucciso il commisario
Calabresi”, ecco, di fronte a questo scardinamento del reale, io mi sento
impotente.
sabato 16 giugno 2012
LA SORELLA DI DOROTHEA (MIDDLEMARCH)
Mentre
sei lì che segui le tribolazioni di Dorothea e sono già pagine e pagine che ti
domandi perché, quale testardaggine quasi patologica l’abbia indotta a sposare
quel musone di Casaubon – e intanto segui i
fili di tutti gli altri personaggi, sopra a tutti il Dr.Lydgate, anche
lui completamente scentrato nella scelta della moglie e che comunque in quanto
medico ti fa pensare a tutti i medici dei romanzi di Cronin, compreso il Dr.Manson
con la faccia di Alberto Lupo – mentre segui Dorothea e le sue riflessioni
dunque, ti imbatti in un dialogo tra sta povera ragazza infilatasi in un
matrimonio e successiva vedovanza con il vecchio (e palloso) erudito, e la
sorella Celia, decisamente più semplice, con meno aspirazioni di conoscenza e
comprensione del mondo, ma dotata di un certo qual buon senso che rende più
lievi le preoccupazioni quotidiane. Discorrendo dei motivi e delle ragioni per
cui una moglie dovrebbe docilmente sottomettersi ai desideri del marito e più
in generale accettare senza troppo cavilllare i suggerimenti maschili, Dorothea
mostra di non volerne sapere di gente che continua a ficcare il naso negli
affari suoi, e Celia cerca di convincerla che qualche consiglio non può fare
male, “because of course men know best about everything, except what
women know better”.
Solo
una frase, lapidaria, perfetta, cristallina (la potenza di quell'"except"!) eppure contiene tutta la scrittura
di George Eliot e mentre la leggo e sorrido, capisco perché Virginia Woolf
abbia definito Middlemarch “one of the few English novels written for grown-up
people”.
giovedì 14 giugno 2012
BLOG - 14 giugno 2012
“perché
non apri un blog?”
oppure
“tu
dovresti aprire un blog”
“sono
incostante”
“non importa”
“non importa”
“mi trovo
meglio nei blog degli altri – è più facile, è come accomodarsi in una poltrona
che ti hanno preparato”
“ma no, è
la stessa cosa, spesso i post migliori nascono dai commenti”
“mi fa
paura l’esposizione del proprio ego, la presunzione, la mancanza di pudore”
“bah”
“obiezione
banale, lo so, ma vera...”
“non hai
tempo”
“no, non è
tanto quelllo; è il dovermi riacchiappare, rimettere a fuoco, i figli sono
un’esperienza totalitaria, per certi aspetti”
“ma sono
anche una magnifica ispirazione”
“vero”
tutte le
obiezioni bocciate
non ci
sono scuse: mi piace scrivere, mi aiuta a pensare, a mettere a fuoco le
fantasie e i desideri, i sogni, le riflessioni sparpagliate e le intuizioni
dimenticate facendo altro.
Quindi,
scrivo.
E inizio
qui, un giorno prima del mio compleanno – mi faccio un regalo.
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